ULTIMISSIME CIMO ESTERI - VOTO PARLAMENTO EUROPEO SUL TEMPO DI LAVORO

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GRANDE VITTORIA DEI SINDACATI MEDICI EUROPEI !!!


Il Parlamento Europeo riunito a Strasburgo in seduta plenaria si è espresso contro la proposta avanzata dai cosiddetti paesi ultraliberisti (GranBretagna, Irlanda, Lussemburgo,ecc.) di considerare come orario di lavoro solo l'orario di guardia effettivamente lavorato in modo attivo.
E' stata una grande vittoria di una ben concertata azione di lobbyng (finalmente fatta e non subita&.) di tutti i sindacati medici europei e delle federazioni che li rappresentano. Noi come Ufficio Esteri della CIMO siamo stati parte attiva e determinante nell'azione combinata di pressione a Strasburgo sui componenti della Commissione Affari sociali sia tramite la FEMS (Spagnoli e Dal Maso) sia tramite l'AEMH (Morresi). L'azione informativa sulla Commissione è stata propedeutica per il buon risultato in Aula.
La prima battaglia l'abbiamo vinta,ma la "guerra"non è terminata!
Nel prossimo giugno,il Consiglio dei Ministri della UE esprimerà a sua volta un parere in merito. Se ci fosse discordanza con il voto del Parlamento si arriverà a una procedura di conciliazione all'inizio del 2006 sotto la presidenza austriaca o finlandese e non sotto quella britannica (1.07.05-31.12.2005) notoriamente favorevole a ridurre sempre più le garanzie di un lavoro sicuro in nome di un liberismo selvaggio.
La CIMO vigilerà,insieme alla FEMS e all'AEMH,su tutto l'iter e noi vi terremo costantemente informati.


- I. Spagnoli - M. Dal Maso - P. Morresi

 

E CON L'ALLARGAMENTO UE MEDICI E ASSISTITI EMIGRERANNO DALL'EST ALL'OVEST



Nelle ultime riunioni della FEMS (Federazione Europea dei Medici Ospedalieri), la quale riunisce i più importanti sindacati del settore, l'ormai celeberrimo interrogativo del British Medical Journal "Why are doctors so unhappy?" risultava così coniugato: "Europa, perché i tuoi medici sono così inquieti?"
Dall'intervento dei numerosi delegati è emerso chiaramente che il pianeta-sanità è il settore dove le varie legislazioni dell'Unione sono più disomogenee tra loro e dove l'ineluttabile unitarietà è ancora vista come un mito più che una prossima realtà.
Questo mosaico di assetti legislativi, normativi e contrattuali verrà ancor più messo a dura prova quando accadranno due eventi (allargamento della UE ai Paesi dell'Est
e libera circolazione integrale dei pazienti) che, se non opportunamente affrontati e governati, potrebbero da un lato scardinare gli assetti economici della sanità pubblica in molti Stati (tra cui l'Italia) e dall'altro provocare forte turbativa sul mercato del lavoro delle professioni sanitarie.
I numeri parlano chiaro: il prossimo 1° maggio settantacinque milioni di persone diverranno a pieno titolo cittadini della UE, aumentando la popolazione di oltre il 20 per cento ma incrementandone il PIL solo del 4.6 per cento!
E così il vecchio continente già diviso dalla produzione e consumo di beni in un'Europa del nord e in una del sud, subirà un'ulteriore bipartizione in un'Europa dell'ovest con alto livello dei servizi sanitari e in una dell'est con servizi a tecnologia obsoleta e mano d'opera (anche medica) a basso costo. Del tutto verosimilmente molti medici vedranno nei guadagni più alti dei loro colleghi dell'ovest un comprensibile appeal per il loro trasferimento nei Paesi "ricchi" della UE con un ulteriore sbilanciamento inflattivo dell'offerta professionale che andrà a colpire soprattutto quei paesi (il nostro!) dove la pletora medica autoctona ha già seminato tanti danni sulla pelle di molti giovani colleghi e sul livello qualitativo della Cura.
Ma un secondo fatto vedrà la luce nel corso del 2004:la libera circolazione dei pazienti senza bisogno di alcuna autorizzazione preventiva da parte dello Stato di appartenenza.
Ciò porterà inevitabilmente ad un considerevole aumento dei cosiddetti viaggi della speranza (o presunti tali). Questi fatti non rappresenteranno solo effettive necessità
diagnostico-terapeutiche, o atti di biasimevole leggerezza esterofila, ma avranno pesanti ricadute economiche su alcuni Stati della UE, maggiormente colpiti da queste correnti emigratorie di propri cittadini-pazienti. E a questo punto, diminuzione delle risorse disponibili a causa del saldo negativo nella emigrazione dei pazienti e ulteriore turbativa nel mercato del lavoro sanitario, si potrebbero saldare in un mix difficilmente governabile per il nostro Paese. Possibili rimedi? Non ve ne sono, perché i rimedi si adottano per neutralizzare eventi negativi, mentre sia la libera circolazione dei pazienti sia l'allargamento della UE sono fatti storicamente, politicamente, socialmente ed eticamente accettabili e postivi. Come diceva Hegel non ci si può opporre allo Spirito del Tempo, piuttosto si cerca di governarlo con delle regole.
Il nostro Governo (in maniera un po' timida e tardiva) ha affrontato in parte queste problematiche in un tavolo tecnico con le Regioni conclusosi il 6 novembre scorso con un documento di osservazioni propedeutico al successivo Consiglio dei ministri della Salute della UE tenutosi a Bruxelles il successivo 1° dicembre.
A nostro parere, per cercare di governare questa fase critica del sistema sanitario europeo, occorre implementare delle rigorose e condivise regole quali la razionalizzazione dei curricula universitari per adeguarli alle mutate esigenze del mercato (interessante l'esperienza austriaca dove è stata istituita la "Facoltà delle professioni sanitarie" con un anno iniziale comune per medici, infermieri e tecnici per una scelta successiva più meditata) e la verifica periodica della preparazione degli operatori sanitari ( ad esempio tramite commissioni ordinistiche come in Francia). Certamente il massimo livello qualitativo della prestazione professionale deve coniugarsi con la individuazione di criteri comuni che garantiscano, a livello della UE, uguaglianza di accesso ai servizi sanitari.
Ma qualità ed equità sono regole sufficienti per raggiungere il massimo livello di garanzie per il cittadino-paziente europeo?
La cattiva coscienza della medicina moderna che non sa, di fronte ai suoi trionfalismi tecnici, confrontarsi con la precarietà della vita umana e l'allontanamento di molti medici dalla soggettività del paziente, stanno impietosamente ad indicare che solo una rivoluzione antropocentrica potrà arrestare la deriva meccanicistica e mercantile della medicina e porre la Persona al suo centro. In un momento storicamente instabile come questo, la presenza di regole certe è estremamente necessaria ma non sufficiente. Infatti la rivoluzione antropocentrica della medicina deve iniziare in primis dal medico, il quale deve porre in gioco la propria responsabilità etica che non viene soddisfatta solo dal rispetto delle regole, ma porta in sé il concetto di "limite" e di "oltre". L'etica del singolo è il motore dell'etica del sistema, ma spetta al sistema promuovere l'etica dei singoli. In altre parole è necessario investire sulla responsabilità degli operatori sanitari e sul rispetto della persona/paziente ancor più in questa fase della storia della medicina in cui prevale sicuramente la componente scientifica, del logos, della razionalità che ci porta ad ingabbiare il nostro paziente dentro algoritmi e procedure, spesso economiche, ma anche non economicistiche, alle quali il malato si ribella con grande forza. La spirale perversa "richiesta totalizzante di Cura/scarsità di risorse economiche" può essere spezzata solo dalla qualità delle Persone (sia operatori che pazienti) e dalla loro capacità di mantenere un'etica di comportamento indipendente dai meccanismi nei quali vengono poste.
E' pertanto auspicabile una decisa implementazione di formazione etica nelle facoltà di Medicina, nelle scuole di specializzazione, negli Ordini professionali e nelle aziende ospedaliere e territoriali, in modo che tutti gli operatori vedano in modo consapevole e condiviso come la componente etica dell'atto sanitario sia indispensabile al successo d'azienda.
Sarà l'Europa dei mercati e dei mercanti capace di ricordare Kolm quando affermava che gli economisti devono arrivare a riconoscere che "niente di ciò che è umano è a loro estraneo"? Speriamolo.


Ivo Spagnoli
Responsabile nazionale esteri CIMO-ASMD

Da Il Sole 24 ORE Sanità - n.17 4 maggio 2004

 


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